Anno 2015

14 - Definitivo avvio delle procedure di “RISOLUZIONE” degli istituti di Credito e l’applicazione del “BAIL IN”

Riprendo quanto da me già evidenziato alla vostra attenzione nella mia precedente circolare 9/2015 per fornire ulteriori dati e spunti di riflessione per le migliori decisioni di collocazione della propria liquidità presso gli istituti di credito.

La normativa di riferimento è già in parte operativa e tuttavia, a partire dal 1° gennaio 2016, entrerà definitivamente in vigore la disciplina in merito alla crisi degli istituti di credito.

La definizione utilizzata dalla normativa è tecnicamente definita di “risoluzione”, ma i termini non mutano la sostanza che nel merito attiene e rinvia agli istituti della Liquidazione Coatta Amministrativa (in pratica la disciplina del fallimento per questi enti).

Questa nuova previsione normativa che, lo si ricorda, è già stata approvata dall’Italia in ambito europeo, prevede un salvataggio dell’ente effettuato attraverso la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti (come quelli dei correntisti che abbiano depositato più di 100mila euro) o la loro conversione in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a risolvere la crisi e a mantenere la fiducia del mercato non più con soldi pubblici dello Stato e/o delle banche centrali (come è stato sino a oggi).

Si è parlato di ‘prelievo forzoso’, e certo il recente caso delle quattro banche salvate per decreto, anche se ancora al di fuori delle procedure legate al bail-in, ha suscitato non poche polemiche, e fatto intuire che il rischio aumenta all’aumentare dei problemi finanziari dei vari istituti di credito.

Non tutti i risparmiatori avranno tempo e competenze per leggere i bilanci della propria banca, ma qualche precauzione può essere presa da tutti. Per esempio, un indicatore divenuto importante per rilevare lo ‘stato di salute’ di un istituto bancario è il Common equity tier 1 (Cet1), indicatore che rapporta il patrimonio netto della banca (capitale sociale più riserve) ai rischi assunti, ovvero si misura il totale delle attività ponderate per il rischio.

Le norme europee prevedono come ‘pavimento minimo’ per le banche un Cet1 Ratio dell’8,5%, che equivale a dire che una banca può effettuare investimenti (finanziamenti, prestiti, mutui, investimenti su titoli ecc) ponderati per il rischio superiori a 12,5 volte il capitale proprio. Più questo indicatore è elevato, maggiore dovrebbe essere la solidità dell’istituto, ovvero la capacità di affrontare eventuali scenari negativi. In generale un livello sotto il 9% non è considerato sufficiente, e sotto l’8% è assolutamente a rischio.

Per quanto fin qui illustrato vi rinvio alla tabella che segue, descrittiva dell’indice dei maggiori istituti presenti nella provincia di Varese ed i dati relativi alla loro performance patrimoniale.

Ovviamente, senza provocare alcun allarmismo, si tratta di avviare una valutazione sull’istituto di credito “sotto casa” e considerare anche queste variabili dalle quali non possono essere escluse considerazioni in merito al limite della garanzia offerta dal fondo nazionale appositamente istituito e dalle sue regole di funzionamento.

Il "Bail In" si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che ci investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. L'ordine di priorità per il BAIL IN è dunque il seguente:

  • Gli azionisti;
  • I detentori di altri titoli di capitale;
  • Gli altri creditori "subordinati" (*);
  • I creditori Chirografari;
  • Le persone fisiche titolari di depositi per importi eccedente i 100 Mila Euro (**);
  • Il Fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al Bail In al posto dei depositanti protetti.
  • I depositi fino a 100 Mila Euro sono esclusi dal bail in.

(*) Occorre comunque prestare attenzione alla tipologia di "subordinazione" che ogni titolo si porta in dote proprio perché è diverso il livello di garanzia e quindi di valutazione del rapporto con gli indici di tutela individuati dai vincoli di Basilea (8,50% CET1 e 12,50% CET2 - NB i parametri della tabella che segue sono espressi solo per CET1).

(**) ll deposito titoli è escluso da questo limite. Il portafoglio titoli è, in pratica, un dossier separato dalle somme depositate presso l’istituto di credito e quindi non rientra nel computo del suddetto limite tuttavia, in caso di default di un istituto di credito occorrerà considerare se in questo portafoglio sono contenuti titoli dell’istituto stesso per il quale si applica la risoluzione. Va da sé che se vi sono titoli di tale tipologia nel proprio portafoglio  questi investimenti subiranno le perdite previste, ma esclusivamente per tale ragione.

 

ISTITUTO BANCARIO

CET1 (%)

Settembre 2015

CET1 (%)

Agosto 2015

CET1 (%)

Dicembre 2014

Fineco

20,43

20,79

19,08

Banca Mediolanum

18,80

18,50

18,43

Gruppo Banca Ifis

15,34

15,34

13,89

Credem

13,64

11,77

11,12

Banca Generali

13,40

13,40

13,20

Intesa San Paolo

13,40

12,40

13,55

Ubi Banca Popolare Commercio e industria

13,00

12,90

12,33

Gruppo Bancario Banco Popolare

12,70

12,30

11,87

Mediobanca

12,45

11,00

11,08

Banca Carige

12,20

12,20

8,42

Monte Paschi di Siena

12,00

11,70

8,67

Credito Valtellinese

11,72

11,40

10,97

Banca Popolare dell'Emilia Romagna

11,62

11,50

11,26

Banca Popolare di Milano

11,44

11,35

11,58

Cariparma

11,02

n.d

11,18

Gruppo Banco Desio

10,65

10,60

10,30

Unicredit Banca

10,53

10,53

10,26

Banca Popolare di Sondrio

10,14

10,14

9,81

Banca Sella

9,37

11,13

8,95

Veneto Banca

8,37

7,12

9,40

Banca Popolare di Vicenza

6,81

6,80

10,44

Unipol

n.d.

17,60

8,27

Banca Ifigest

n.d.

14,63

n.d

Che Banca!

n.d.

12,45

n.d.

Deutsche Bank

n.d

11,50

8,53

Nel salvaguardare la libera scelta di ognuno pare opportuno sottolineare che la diversificazione dei propri investimenti costituisce uno dei criteri più coerenti e razionali per affrontare i problemi di cui si tratta. Se dopo questo esame sussistessero ancora dei dubbi sulla costruzione del proprio portafoglio o comunque dei propri investimenti in genere, sarà opportuno e necessario richiedere al proprio gestore una nuova predisposizione del questionario MIFID attraverso il quale è possibile valutare il livello di rischio adeguato per gli investimenti effettuati attraverso l'apprezzamento della personale propensione al rischio stesso in relazione alle proprie condizioni soggettive.

io resta, come sempre, a completa disposizione per qualsiasi ulteriore necessità informativa o documentale si ritenesse opportuno avere in merito.

 

 

13 – BOZZA LEGGE DI STABILITA' 2016 – MODIFICHE AL REGIME FORFETTARIO

La Bozza della Legge di Stabilità 2016, approvata dal governo il 16 ottobre scorso, ha introdotto importanti modifiche al regime forfettario che, a partire dal 1 gennaio 2016, sarà l’unico regime fiscale agevolato per imprenditori e professionisti in possesso di determinati requisiti.

Tali modifiche si sono rese necessarie dopo le numerose critiche ricevute, in particolar modo, da alcune categorie economiche (ad esempio i professionisti), particolarmente penalizzate dai requisiti piuttosto stringenti per poter accedere al nuovo regime fiscale agevolato.

La Legge di Stabilità 2015, aveva infatti introdotto il nuovo regime, operativo dal 1 gennaio 2015, per sostituire tutti i precedenti regimi agevolati con la sola clausola di salvaguardia” per i contribuenti minimi, ovverosia, quei soggetti che si erano avvalsi del regime fiscale di vantaggio entro il 31/12/2014, potevano continuare ad usufruirne per l'intero periodo che residuava.

Successivamente, il Decreto “Milleproroghe”, viste le critiche ricevute, introduceva, tra le altre, un’importantissima disposizione che derogava l’abrogazione del regime dei minimi prorogandolo fino al 31/12/2015. Pertanto, alla luce di tali disposizioni normative, fino alla fine di quest’anno, chi intende intraprendere una nuova attività può ancora decidere quale dei due regimi avvalersi:

  • il regime dei minimi;
  • Il regime forfetario.

Tenuto conto del poco “successo” e delle forti polemiche, il Governo, nella bozza della nuova Legge di Stabilità ha introdotto alcune modifiche interessanti, tali da rendere il regime forfetario fruibile ad una platea più ampia di contribuenti salvaguardando anche, le categorie di contribuenti precedentemente penalizzate.

in particolare ha introdotto le seguenti novità:

  • viene prevista l’abrogazione della lettera d) del comma 54 dell’art. 1 della Legge n. 190/2014 che prevedeva, tra i requisiti per accedere al regime, la prevalenza dei redditi conseguiti nell'attività d'impresa, dell'arte o della professione rispetto a quelli eventualmente percepiti come redditi di lavoro dipendente e assimilati;
  • a fronte dell’abrogazione di cui al punto precedente viene previsto l’inserimento, al comma 57 dell’art. 1 della Legge n. 190/2014, che disciplina le cause ostative di accesso al regime forfetario, della lettera d-bis) che preclude l’accesso al regime ai soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente ed assimilato eccedenti l’importo di euro 30.000; la verifica di tale soglia diventa però irrilevante nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato;
  • si prevede poi l’introduzione di una modifica all’agevolazione prevista per le start up, ovvero i soggetti che iniziano una nuova attività: viene sostituita la possibilità per i primi tre anni di attività di applicare l’imposta sostitutiva del 15% su un reddito imponibile ridotto di un terzo, con la possibilità nell’anno di avvio della nuova attività e nei quattro anni successivi di godere di un’aliquota ridotta al 5%. Di fatto l’abrogato regime dei minimi viene fatto confluire all’interno del nuovo regime forfetario, diventando così il regime applicabile per i soggetti che iniziano una nuova attività;
  • ulteriori novità sono previste anche per quanto riguarda le agevolazioni contributive: viene sostituito il comma 77 dell’art. 1 della Legge n. 190/2014, che prevedeva per i soggetti iscritti alla gestione IVS artigiani/commercianti presso l’Inps la possibilità di non applicare il minimale contributivo ai fini del versamento dei contributi, i quali potevano essere versati unicamente sul reddito dichiarato: in luogo dell’esonero dal minimale viene invece prevista una riduzione del 35% dei contributi INPS complessivamente dovuti;
  • infine, la proposta sicuramente di maggior rilievo sta nella modifica e conseguente sostituzione dell’allegato 4 annesso alla Legge n. 190/2014, ovvero l’innalzamento del limite dei ricavi e dei compensi che consentono l’accesso al regime forfetario. La bozza della Legge di Stabilità 2016 prevede l’aumento di 10.000 euro per tutte le attività tranne che per le categorie professionali per le quali l’aumento sarà di 15.000 euro. Quindi, ad esempio, proprio in riferimento alle attività professionali, per le quali la soglia inizialmente prevista per l’accesso era pari ad euro 15.000, dal 2016, se la previsione sarà confermata, sarà possibile accedere/permanere nel regime forfetario per coloro che, nel rispetto degli altri requisiti, hanno conseguito o prevedono di conseguire un volume di ricavi o compensi non superiori a 30.000 euro.

 

Il mio studio, come di consueto, resta a disposizione per qualsiasi chiarimento e supporto informativo in merito.

 

8 - TFR in busta paga - Nuove opportunità e chiarimenti

A) FONTE NORMATIVA.

La Legge di Stabilità 2015 (commi da 26 a 34 della Legge 190/2014) ha introdotto in via sperimentale la possibilità per i lavoratori dipendenti di chiedere l’erogazione del Tfr in busta paga.

B) COMPLETAMENTO DEL QUADRO NORMATIVO.

Perché sia completo, il quadro normativo, mancano ancora due provvedimenti:

1. il decreto del Governo, che fissa le regole attuative del meccanismo stabilito dalla Legge di Stabilità, la cui pubblicazione dovrebbe essere imminente;

2. l’accordo con l’ABI, che interessa le imprese sotto i 50 dipendenti, le quali possono beneficiare, su richiesta, di un finanziamento agevolato da parte delle banche che aderiscono al protocollo.

Si consideri, tuttavia che, ancorché manchino i due interventi appena menzionati, la norma è in vigore ed operativa, cosicché i dipendenti possono già effettuare la loro scelta

C) PRESUPPOSTI E CONDIZIONI.

  • E' concessa in via sperimentale.
  • Per il periodo che va dall'1/03/2015 fino al 30/06/2018.
  • E' una facoltà concessa ai lavoratori dipendenti del settore privato.
  • E' erogata su formale richiesta del dipendente.
  • La scelta di erogazione del Tfr in busta paga divente irrevocabile fino al 30/06/2018.

D) CARATTERISTICA DELL'OPZIONE.

La scelta di percepire il Tfr mensilmente in busta paga:

- può essere esercitata da qualsiasi lavoratore dipendente del settore privato,

- in possesso di un’anzianità di servizio di almeno sei mesi.

Restano esclusi da questa possibilità di scelta i lavoratori:

- agricoli,

- domestici,

- di aziende sottoposte a procedure concorsuali,

- delle aziende in crisi ex art. 4 Legge 297/1982,

- delle aziende in Cigs o Cig in deroga per i quali la legge o la contrattazione collettiva preveda la corresponsione periodica del Tfr ovvero l’accantonamento dello stesso presso soggetti terzi,

- che hanno destinato il Tfr a garanzia di contratti di finanziamento.

L’opzione può essere esercitata anche dai lavoratori che stanno già versando il Tfr ad un fondo di previdenza complementare; in questa ipotesi, l’accantonamento al Fondo sarà costituito solo dall'eventuale contributo del dipendente e del datore di lavoro.

E) TASSAZIONE E CONTRIBUZIONE DEL TFR EROGATO IN BUSTA PAGA.

La quota di TFR erogata mensilmente in busta paga:

- è assoggettata a tassazione ordinaria, in cumulo con gli altri redditi percepiti dal lavoratore nell’anno;

- entra nella base di calcolo delle detrazioni Irpef spettanti;

- entra nella base di computo dell’assegno per il nucleo familiare;

- non è imponibile a fini previdenziali;

- è considerata ai fini del calcolo del nuovo Isee;

- non rientra nella base di calcolo per l’erogazione del bonus 80 euro.

F) ADEMPIMENTI.

il lavoratore interessato deve

- presentare l’istanza al datore di lavoro,

- da redigere secondo il modello previsto dal Dpcm.

G) VANTAGGI E SVANTAGGI DELLA SCELTA.

Prima di scegliere, il lavoratore dovrebbe svolgere alcune valutazioni:

SUI VANTAGGI,

- ossia l'avere a disposizione una maggiore liquidità mensile, per effetto della retribuzione più alta.

SUGLI SVANTAGGI,

- il lavoratore non potrà, a fine rapporto, contare su quella somma;

- il dipendente che sceglie di avere il Tfr sulla busta paga rinuncia anche alla rivalutazione sulle quote stesse;

- Chi versa il Tfr ai fondi integrativi, chiaramente avrà un minore trattamento ai fini pensionistici.

- Essendo applicata la tassazione ordinaria, il lavoratore si vede applicare un’aliquota marginale Irpef più elevata di quella che deriva dal calcolo della media delle aliquote applicate in sede di tassazione separata; con un incremento tanto maggiore quanto più alto è il suo reddito.

- la riduzione delle detrazioni spettanti;

- la probabile riduzione dell’Assegno per il Nucleo Familiare dell’anno successivo;

- l’incidenza sull’Isee.

H) IL FINANZIAMENTO PER IL DATORE DI LAVORO.

Per far fronte alle eventuali difficoltà di liquidità dei datori di lavoro che occupano meno di 50 dipendenti, è previsto un finanziamento che dovrà però essere disciplinato da un decreto.

Il finanziamento sarà erogato dagli istituti bancari che avranno preventivamente aderito all’accordo quadro, che sarà stipulato tra i Ministeri dell’Economia e del Lavoro e l’ABI, applicando tassi d’interesse, onnicomprensivi di ogni eventuale onere, non superiori a quelli stabiliti per la rivalutazione del Tfr, vale a dire l’1,5% maggiorato annualmente del 75% dell’incremento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

Detti prestiti saranno assistiti dalla garanzia di un Fondo speciale costituito presso l’Inps con una dotazione iniziale di 100 milioni e alimentato da un contributo del 0,2% sulle retribuzioni a carico dei datori di lavoro che accedono a tale sistema di credito.

Qualora il datore di lavoro sia inadempiente, il Fondo di Garanzia è surrogato di diritto all’intermediario bancario e l’Inps procederà per la riscossione del credito. L’eventuale inadempienza non ha rilevanza ai fini del rilascio del Durc.

Le imprese che non ricorreranno al finanziamento ma che corrisponderanno gli anticipi del Tfr con risorse proprie beneficeranno della deducibilità dal reddito d’impresa delle quote di Tfr erogate in busta paga, nella misura:

  • del 4% se occupano fino 49 addetti.
  • del 6%, se occupano più di 49 lavoratori dipendenti.

 

Lo studio resta, come di consueto, a vostra disposizione per qualsiasi ulteriore specifica esigenza anche informativa.

 

12/G - JOBS ACT – Settimo approfondimento dei temi proposti

G) LAVORO ACCESSORIO DOPO LE MODIFICHE DEL JOBS ACT

Il D. Lgs. n.81/2015 apporta alcune modifiche anche al contratto di lavoro accessorio.

Aumenta il limite massimo (da Euro 5.000 ad Euro 7.000 euro nel corso di un anno civile) entro cui deve rientrare il compenso complessivo percepito dal lavoratore da tutti i committenti perché la prestazione possa configurarsi come lavoro accessorio.

Rimane immutato il limite di € 2.000,00 riferito alle attività lavorative che possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente, rivalutati annualmente.

Sul punto si osserva che l'importo netto è stato già rivalutato ad € 2.020,00 per l'anno 2015 (Inps, circ. 77/2015).

Rispetto alla precedente formulazione viene meno il riferimento all'”anno solare” a favore della nozione di ”anno civile”, da intendersi come periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre.

Una interessante innovazione è la stabilizzazione della previsione secondo la quale i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possono rendere prestazioni di lavoro accessorio, in qualsiasi settore inclusi gli enti locali, nel limite complessivo di € 3.000,00 di compenso per anno civile.

Il decreto legislativo prevede il divieto del ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi.

Importanti novità sono previste riguardo all'utilizzo dei buoni orari.

I committenti imprenditori o professionisti potranno acquistarli esclusivamente attraverso modalità telematiche, mentre gli altri committenti potranno continuare a servirsi del tradizionale canale delle rivendite autorizzate.

Circa l'importo del voucher, il decreto legislativo prevede la fissazione del valore nominale da parte di un apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, «tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali.».

In attesa della emanazione del decreto, l'importo è fissato in € 10,00

È inoltre prevista, da parte dei soli committenti imprenditori e professionisti, una comunicazione alla Direzione territoriale del Lavoro competente, da effettuarsi attraverso modalità telematiche, inclusi sms o posta elettronica, prima dell'inizio della prestazione lavorativa (con riferimento ad un arco temporale non superiore ai 30 gg. successivi) contenente i dati anagrafici, il codice fiscale del lavoratore ed Il luogo di svolgimento della prestazione.

Non sono invece previsti obblighi di comunicazione per le altre tipologie di committenti.

Il mio studio resta a disposizione per qualsiasi chiarimento e supporto informativo in merito.

 

12/I - JOBS ACT – Nono approfondimento dei temi proposti

I) APPRENDISTATO. NOVITA'.DISCIPLINA GENERALE

Si evidenzia che le tipologie contrattuali in materia di apprendistato rimangono tre, con alcune modificazioni terminologiche delle prime due: - apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (precedentemente, apprendistato per la qualifica e il diploma professionalizzante), - apprendistato professionalizzante (eliminato, in questo caso, la dizione “o contratto di mestiere”), - apprendistato di alta formazione.

La regolamentazione della singola tipologia contrattuale è tutt'oggi preceduta da un articolo che racchiude la disciplina generale applicabile a tutte e tre le forme di apprendistato.

Le principali novità contenute nella richiamata disciplina generale sono, innanzitutto,

  • la precisazione che il requisito di forma scritta del contratto è richiesto ai fini della prova;
  • al contrario, scompare la previsione del requisito di forma per il patto di prova.
  • Ha trovato, invece, conferma l'obbligo di inserire, nel contratto di apprendistato, il piano formativo individuale, seppure in forma sintetica: a questo proposito il Legislatore ha previsto che - con riguardo alla prima e nella terza tipologia di apprendistato - il piano formativo debba essere redatto dall'istituto di istruzione al quale il lavoratore è iscritto, con il coinvolgimento dell'impresa ospitante.
  • Sempre nell'ambito della disciplina generale, la nuova normativa prevede che, nella prima tipologia di apprendistato, il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi - come attestato dall'istituzione formativa - integrano un'ipotesi di giustificato motivo di licenziamento.
  • In capo ai datori di lavoro con almeno cinquanta dipendenti, esiste la facoltà di assumere nuovi apprendisti con apprendistato professionalizzante solo se, nell'arco dei trentasei mesi precedenti alla nuova assunzione, siano stati confermati almeno il 20% degli apprendisti assunti dalla medesima azienda.

 

I1) Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.

 

Rispetto al passato, è possibile stipulare la tipologia contrattuale in esame, per una durata non superiore a quattro anni, anche con giovani iscritti ad istituti di istruzione secondaria superiore, a partire dal secondo anno di scuola, al fine di far acquisire loro - oltre al diploma di istruzione secondaria superiore - anche ulteriori competenze tecnico-professionali, utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore.

Un'altra novità è rappresentata dalla possibilità di stipulare tale tipologia di apprendistato, di durata non superiore a due anni, con giovani iscritti al corso annuale integrativo (quello che consente agli studenti che hanno conseguito il diploma professionale al termine del percorso di istruzione e formazione professionale quadriennale nelle Province autonome di Trento e Bolzano, di accedere all'esame di Stato).

Il Legislatore ha previsto anche la possibilità di prorogare il rapporto, per una durata massima di 12 mesi, in due ipotesi:

  • con quei giovani qualificati e diplomati che hanno concluso positivamente i percorsi di formazione individuati nel piano formativo individuale, al fine di consolidare e acquisire ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche utili anche al fine dell'acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale all'esito del corso annuale integrativo;
  • con quei giovani che, al termine dei loro percorsi di formazione, non abbiano conseguito la qualifica, il diploma, il certificato di specializzazione tecnica superiore o il diploma di maturità professionale all'esito del corso annuale integrativo.

Qualora il datore di lavoro intenda stipulare la tipologia di apprendistato in parola deve sottoscrivere un protocollo con l'istituzione formativa alla quale lo studente è iscritto, nella quale sono stabiliti il contenuto e la durata gli obblighi formativi in capo al datore di lavoro.

La nuova normativa prevede infine che, per l'apprendistato che si svolge nell'ambito del sistema di istruzione e formazione professionale regionale, la formazione esterna all'azienda deve essere impartita nell'istituzione formativa a cui lo studente e' iscritto e non può essere superiore, nel secondo anno, al 60% dell'orario ordinamentale, negli anni successivi, al 50%.

È altresì stabilito che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi, per le ore di formazione svolte all'esterno dell'azienda, il datore di lavoro non è tenuto a corrispondere alcuna retribuzione, mentre per quelle effettuate all'interno spetta al lavoratore-studente il 10% della retribuzione che gli sarebbe dovuta.

 

I2) Apprendistato professionalizzante.

 

Sono poche le novità contenute nella nuova normativa con riguardo a questa tipologia di contratto, finalizzato all'acquisizione di una qualificazione professionale ai fini contrattuali.

La qualificazione professionale al cui conseguimento è finalizzato il contratto è determinata dalle parti del contratto sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di classificazione e inquadramento del personale di cui ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Un'altra novità consiste nell'eliminazione dell'età anagrafica dell'apprendista tra gli elementi da tenere in considerazione per stabilire la durata e le modalità di erogazione della formazione: per la loro definizione gli accordi interconfederali e i CCNL devono far riferimento unicamente al tipo di qualificazione che si intende raggiungere alla fine dell'apprendistato.

Infine, si segnala la possibilità di assumere con contratto di apprendistato professionalizzante - a prescindere dall'età anagrafica - non solo i lavoratori che percepiscono l'indennità di mobilità, ma anche coloro che beneficiano del trattamento di disoccupazione.

 

I3) Apprendistato di alta formazione.

 

L'apprendistato, in questo caso, è finalizzato al conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori di cui all'art. 7 DPCM 25/01/2008, per attività di ricerca, nonché per il praticantato per l'accesso alle professioni ordinistiche .

Le novità introdotte dal Legislatore attengono alla formazione svolta fuori dall'azienda e alla retribuzione spettante al lavoratore per le ore di formazione.

In particolare, è oggi previsto che la formazione esterna all'azienda e' svolta nell'istituzione formativa a cui lo studente è iscritto e nei percorsi di istruzione tecnica superiore e non può, di norma, essere superiore al 60 per cento dell'orario ordinamentale.

Quanto al compenso per le ore di formazione erogata allo studente, il decreto legislativo in commento prevede l'esonero del datore di lavoro da ogni obbligo retributivo per le ore di formazione effettuate dall'istituzione formativa, dunque all'esterno dell'azienda.

Per le ore di formazione a carico del datore di lavoro è invece riconosciuta al lavoratore una retribuzione pari al 10% di quella che gli sarebbe dovuta. Sono fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi

Il mio studio resta a disposizione per qualsiasi chiarimento e supporto informativo in merito.

12/F - JOBS ACT – Sesto approfondimento dei temi proposti

F) DISCIPLINA DELLE MANSIONI: RISCRITTO L'ART.2103 C.C.

Quattro sono sostanzialmente le regole in materia di modifica delle mansioni.

  • La prima è prevista dal primo comma del nuovo art. 2103 c.c.. e riguarda la possibilità per il datore di lavoro di adibire il lavoratore a mansioni diverse e, quindi, eventualmente anche inferiori, purché esse siano riconducibili allo stesso livello ed alla stessa categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
  • La seconda regola è prevista dal secondo comma del nuovo art. 2103 e prevede la possibilità di assegnare il lavoratore alle mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, a condizione che rientrino nella medesima categoria legale e che la variazione sia giustificata da una «modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore» .
  • La terza regola introdotta è prevista dal sesto comma del nuovo art. 2103 c.c.. e riguarda la possibilità che vengano stipulati accordi individuali di modifica in peius delle mansioni, della categoria legale, del livello di inquadramento (anche oltre, quindi, il livello immediatamente inferiore) e della retribuzione. Un accordo del genere potrà essere stipulato solo a condizione che esso serva a tutelare l'interesse del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Quindi, la retribuzione e la categoria legale possono essere modificate in peius solo in presenza di un accordo con il lavoratore che consenta a quest'ultimo di soddisfare proprie esigenze lavorative (evitare il licenziamento o ampliare la propria formazione per acquisire una diversa professionalità) o personali. La disposizione in esame prevede espressamente che tali accordi vengano sottoscritti nelle sedi di cui all'art. 2113 c.c. (Dtl o sede sindacale)., oppure davanti le commissioni di certificazione.
  • La quarta regola riguarda l'assegnazione di mansioni superiori, che diviene definitiva dopo sei mesi (al posto dei tre mesi previsti dalla norma abrogata) continuativi. A differenza di prima, quindi, il datore di lavoro ha più tempo per provare le capacità del lavoratore a svolgere le mansioni superiori, in linea, peraltro, con il periodo di prova che può, nel massimo avere una durata di sei mesi. A differenza di prima, inoltre, la norma specifica che il periodo di sei mesi deve essere continuativo e non frazionato. Infine, un'importante specificazione che è stata introdotta nella disposizione in esame riguarda la possibilità che il lavoratore manifesti una volontà contraria all'assegnazione definitiva alla mansione superiore.

Il mio studio resta a disposizione per qualsiasi chiarimento e supporto informativo in merito.

 

 

12/H - JOBS ACT – Ottavo approfondimento dei temi proposti

H) SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO. NOVITA'.DISCIPLINA GENERALE

Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata, ai sensi del D.Lgs. N.276/2003, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell'interesse e sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore (art. 30, D. Lgs. N.81/2015).

ll contratto di somministrazione di lavoro è vietato:

  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 L.223/1991, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi;
  • presso unità produttive nelle quali è operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario, in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro;
  • da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ex TU 81/2008.

 

H1) Somministrazione a tempo indeterminato

 

In caso di assunzione a tempo indeterminato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina prevista per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Nel contratto di lavoro è determinata l’indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei quali egli rimane in attesa di essere inviato in missione, nella misura prevista dal contratto collettivo applicabile al somministratore e comunque non inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro. L'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.

Salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non può eccedere il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. In caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipula del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato. Possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato.

 

H2) Somministrazione a tempo determinato

 

In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III (contratto a termine) per quanto compatibile e, in ogni caso, con esclusione delle disposizioni di cui:

  • all’articolo 19, co. 1: secondo cui al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 36 mesi;
  • all’articolo 19, co. 2: secondo cui la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i 36 mesi;
  • all’articolo 19, co. 3: che disciplina il contratto in deroga presso la DTL per una durata massima di altri 12 mesi;
  • all’articolo 21: che disciplina le proroghe e i rinnovi;
  • all’articolo 23: che stabilisce il numero complessivo di contratti a tempo determinato;
  • all’articolo 24: che regolamenta i diritti di precedenza.

Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore.

La somministrazione di lavoro a tempo determinato è utilizzata nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore.

E’ in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato:

  • di lavoratori di cui all’articolo 8, comme 2° , L. 223/1991.(e quindi di lavoratori che siano stati collocati in mobilità);
  • di soggetti disoccupati che godono, da almeno 6 mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
  • di lavoratori "svantaggiati" o "molto svantaggiati" ai sensi dei numeri 4) e 99) dell'articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17.6.2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro.

Il mio studio resta a disposizione per qualsiasi chiarimento e supporto informativo in merito.





12/E - JOBS ACT – Quinto approfondimento dei temi proposti

E) CONTRATTO A TEMPO PARZIALE. NOVITA'

Il Legislatore non richiama più la classica tripartizione dell'orario di lavoro a tempo parziale in orizzontale, verticale e misto che, dunque, perde rilievo a fini giuridici. Vero è, tuttavia, che detta tripartizione corrisponde a precise modalità organizzative del part-time che ben potranno dunque essere ancora richiamate dalla prassi contrattuali.

Ai sensi del nuovo articolo 5 del D. Lgs. n.81/2015, nel contratto di lavoro a tempo parziale va data puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della esatta collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno con ciò appunto rinviando, di fatto, ai diversi modelli organizzativi del lavoro a orario ridotto (orizzontale, verticale, misto).

Rispetto ai punti nodali dell'istituto, e cioè il ricorso a clausole elastiche (variazione in aumento della durata della prestazione) e/o flessibili (variazione della collocazione oraria della prestazione) e al lavoro supplementare, l'elemento di maggiore innovazione, ferma restando la necessità del consenso del prestatore di lavoro, sta nella possibilità di loro utilizzo, entro certi limiti, anche in assenza di specifiche regolazioni collettive (art. 6).

Con specifico riferimento alle nuove clausole elastiche, che ricomprendono le ipotesi di clausole flessibili (variazione della collocazione oraria della prestazione), nel caso in cui il contratto collettivo applicabile non contenga una specifica disciplina, queste possono essere pattuite per iscritto dalle parti avanti alle commissioni di certificazione ex legge Biagi.

Nel caso in cui il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non disciplini il lavoro supplementare, il datore di lavoro può comunque sempre richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare (a differenza di quelle elastiche che vanno concordate in sede di stipulazione del contratto) in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate.

Tanto nel settore pubblico che in quello privato, i lavoratori affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale orizzontale, verticale o misto. Ciò a condizione che la malattia (parzialmente) invalidante sia accertata da una commissione medica istituita presso l'unità sanitaria locale territorialmente competente. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale è trasformato nuovamente in rapporto a tempo pieno al termine della malattia.

Il mio studio resta a disposizione per qualsiasi chiarimento e supporto informativo in merito.

 

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